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LA CORTE ABBANDONA DEFINITIVAMENTE ALL’ESCLUSIVO DOMINIO DELL’AUTORITÀ POLITICA LA GESTIONE DEL SEGRETO DI STATO NEL PROCESSO PENALE

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1 . La constatazione dell’influenza positiva della giurisprudenza costituzionale sull’evoluzione della disciplina dell’istituto del segreto di Stato nel quadro della normativa della Costituzione repubblicana è ben conosciuta perchè occorra ricordarla ancora una volta. Piuttosto, mi preme qui mettere in evidenza come le ultime decisioni a riguardo mostrino chiari segni di un arretramento della concezione garantista dei valori costituzionali con esso interferenti e un corrispondente ampliamento dell’area e degli effetti riconosciuti al potere governativo di segretazione.
Questi segni consistono essenzialmente nella tendenziale e strisciante vanificazione del necessario controllo giuridico sul suo uso in concreto, e ciò sia in sede di possibile reazione del giudice penale nei confronti della conferma del segreto in funzione di sbarramento all’esercizio della sua funzione, sia in relazione all’esercizio delle competenze della Corte in sede di giudizio per conflitto di attribuzioni. Questa tendenza sempre più netta alla rimessione di ogni verifica, sostanzialmente in esclusiva, alla sede politica, e dunque, in definitiva alla disponibilità della maggioranza parlamentare della sorte del processo penale investito dal segreto non può non apparire preoccupante .
E’ vero che fin dalla sua decisione n.86 del 1977, la medesima Corte, sottolineando l’ampiezza della discrezionalità politica sottesa all’attività di segretazione, ne giustificava la sottrazione al controllo da parte dell’autorità giudiziaria e la rimessione al solo sindacato politico da parte del Parlamento. Tuttavia, una tale presa di posizione doveva e deve essere correttamente interpretata in relazione alla concreta questione allora in discussione, e quindi intendersi riferita soltanto – come giustamente presuppone il giudice ricorrente nel conflitto presente - ai rapporti tra autorità governativa e autorità giudiziaria ordinaria, nel senso cioè che la preclusione di ogni controllo di tipo giuridico riguardasse solamente l’esercizio della funzione giurisdizionale del giudice penale. Questa, del resto, sembra essere anche la posizione del legislatore che, nel ribadire i limiti che il segreto di Stato può opporre a tale giudice, ha cura di negarne ogni opposizione nei giudizi di fronte alla Corte Costituzionale. In altri termini, in un quadro così delineato, appare doverosa la distinzione, quanto al controllo in concreto sull’uso del segreto, tra giudice ordinario e giudice costituzionale.
 

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