SOMMARIO: 1. Lo scioglimento anticipato delle Camere tra norma costituzionale aperta e pluralità di impostazioni dottrinarie. – 2. La continuità della prassi. – 3. La Presidenza Napolitano e la rigidità bipolare nel «contesto emergenziale».
1. Lo scioglimento anticipato delle Camere tra norma costituzionale aperta e pluralità di impostazioni dottrinarie
Il tema dello scioglimento anticipato delle Assemblee parlamentari nell’ordinamento costituzionale italiano, ossia del «diritto di porre fine alla vita della assemblea eletta e di disporre nuove elezioni prima della scadenza del termine normale della legislatura» , è stato oggetto di una vasta letteratura giuridica e di un costante dibattito politico ed istituzionale. L’istituto riveste, infatti, un’indubbia centralità nel sistema parlamentare e costituisce una «vera chiave di volta della nostra costruzione costituzionale» , decisiva per comprendere le complesse dinamiche istituzionali e i diversi assetti che può assumere la nostra forma di governo .
La ricostruzione dogmatica dello scioglimento non può che partire dall’unico riferimento normativo offerto dalla Costituzione che, all’art. 88, si limita ad attribuirne la titolarità al Presidente della Repubblica, stabilendo due sole condizioni al suo esercizio. Innanzitutto, è previsto, al primo comma, l’obbligo formale per il Capo dello Stato di sentire i Presidenti delle Camere, mentre il secondo comma – come modificato dalla legge costituzionale 4 novembre 1991, n. 1 – stabilisce il limite sostanziale del divieto di scioglimento negli ultimi sei mesi del mandato presidenziale, «salvo che essi coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura».
Fuori dai casi in cui l’utilizzo dell’art. 88 rappresenta un atto dovuto allo scadere ordinario del mandato parlamentare, lo scioglimento anticipato determina un evento «traumatico» nelle democrazie parlamentari, per la sua incidenza diretta sull’esistenza degli organi rappresentativi e sull’ordinario funzionamento del sistema: esso implica l’assunzione di una decisione che vanifica, di fatto, l’espressione del voto elettorale, richiamando anzitempo gli elettori alle urne per rinnovare il Parlamento. L’atto riveste dunque indubitabilmente una posizione peculiare e costituisce «il perno delicato sul quale grava il sottile gioco di equilibri dei rapporti tra gli organi» .