1. L’ordinanza della Corte di cassazione, sezioni unite civili, n. 27092 del 2009 ha già costituito l’oggetto di approfonditi contributi critici a proposito dei problemi che essa suscita a proposito della responsabilità amministrativa e contabile degli amministratori e dei dipendenti della RAI nonché della cumulabilità dell’ordinaria azione civilistica di responsabilità degli amministratori con l’azione di responsabilità amministrativa davanti al giudice contabile. Su questi problemi non intendo tornare. Mi limiterò invece ad affrontare due aspetti della decisione non meno importanti e più propriamente costituzionalistici:
1) la implicita disapplicazione posta in essere dalla S.C. – non è rilevante se consapevole o meno – dell’art. 49 comma 2 d.lgs. 31 luglio 2005, n. 177 (Testo unico della radiotelevisione), secondo il quale «Per quanto non sia diversamente previsto dal presente testo unico, la RAI-Radiotelevisione Italiana S.p.A. è assoggettata alla disciplina generale delle società per azioni, anche per quanto concerne l’organizzazione e l’amministrazione»;
2) la qualificazione, da parte della S.C., come «indici di pubblicità» della RAI di quelle stesse caratteristiche che, nelle intenzioni delle forze politiche e del legislatore del 1975, erano da considerarsi «essenziali» per il corretto funzionamento di quella società per azioni a cui sarebbe stata affidata la gestione del servizio pubblico radiotelevisivo: la RAI-Radiotelevizione italiana s.p.a.
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