Il tema della responsabilità dei magistrati (giudici e pubblici ministeri) impone una doverosa premessa. Quando dalla pubblica opinione e dalla stampa si parla genericamente di responsabilità dei giudici non si allude necessariamente alla responsabilità diretta del magistrato per atti e fatti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni (con conseguente responsabilità in solido dello Stato) ma, più spesso, si allude alla possibilità di essere concretamente risarciti per i danni provocati da fatti o atti dei magistrati. Ciò che interessa al cittadino è infatti, soprattutto, di poter essere risarcito del danno subito, e non già che al magistrato sia inferta una sanzione. Se è così, è allora evidente che ciò a cui soprattutto occorre por mente sono le condizioni e i termini ricorrendo i quali lo Stato è direttamente responsabile per gli atti e i fatti compiuti dai magistrati nell’esercizio delle loro funzioni (con possibilità, ancorché parziale, di rivalsa).
Ebbene, la recente sentenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea (CGUE) del 24 novembre 2011, nella causa Commissione /Italia - alla quale erroneamente si ricollega l’emendamento Pini, approvato dalla Camera giovedì 2 febbraio - si riferisce esclusivamente (ed esplicitamente) alla responsabilità diretta dello Stato, e non potrebbe essere diversamente. Infatti, negli altri Stati membri dell’Unione Europea mentre è sempre riconosciuta la responsabilità diretta dello Stato, è invece discussa, o quanto meno limitata, la responsabilità diretta dei magistrati. A ciò si aggiunga che la sentenza della CGUE, altrettanto esplicitamente, si preoccupa esclusivamente della «responsabilità degli Stati membri per la violazione del diritto dell’Unione da parte dei propri organi giurisdizionali di ultimo grado». Con il che la CGUE intende sottolineare che, prima di poter essere statuita la responsabilità dello Stato per il fatto di un magistrato, bisogna aver esaurito tutte le istanze giurisdizionali.
Appellarsi alla sentenza della CGUE come fondamento della responsabilità diretta dei magistrati per violazione anche del diritto interno è quindi doppiamente errato. Ciò non di meno, la pronuncia della CGUE è rilevante anche per il nostro ordinamento nazionale per due ragioni.