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Pareggio di bilancio: qualcosa si può fare

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La nostra Costituzione, nell’affermare, all’art. 81, il principio dell’annualità dei bilanci e dei consuntivi approvati dalle Camere, dispone che con «la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese». La Consulta, nell’interpretazione di questa disposizione, pur negando che essa costituzionalizzi il principio del pareggio di bilancio, ha ripetutamente sottolineato che la norma in questione esprime il principio del tendenziale equilibrio finanziario dei bilanci dello Stato, tanto su base annuale quanto su base pluriennale. Il che significa che, mentre l’obbligo di “copertura” va osservato nei confronti delle spese che incidono sopra un esercizio in corso, lo stesso rigore non sarebbe richiesto - per la Corte - per gli esercizi futuri.
Di qui la rilevanza del suggerimento della BCE, rivolto ai paesi dell’Unione europea, di inserire nelle rispettive Costituzioni il principio del pareggio di bilancio: suggerimento che il Governo Berlusconi ha fatto proprio nella riunione dell’8 settembre scorso mediante l’approvazione di uno schema di disegno di legge costituzionale nel quale, pur proclamandosi che «il bilancio rispetta l’equilibrio delle entrate e delle spese», giustamente si prevedono delle deroghe - sulla falsariga del progetto approvato dalla Commissione D’Alema (art. 103) e del progetto di revisione costituzionale approvato in Spagna da Camera e Senato lo stesso 8 settembre, ai sensi dell’art. 167 comma 1 Cost. sp. - nelle «fasi avverse del ciclo economico» ovvero ricorrendo «uno stato di necessità» non sostenibile «con le ordinarie decisioni di bilancio». Stato di necessità che deve essere «dichiarato dalle Camere in ragione di eventi eccezionali, con voto espresso a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti».
Ma se il principio del pareggio di bilancio non può non implicare deroghe in considerazione di eventi eccezionali e se esso si esprime, nello schema di disegno di legge costituzionale, con le semplici parole che «il bilancio rispetta l’equilibrio delle entrate e delle spese», vien fatto di chiedersi se tale principio non sia già di per sé desumibile dall’attuale art. 81, senza alcuna forzatura lessicale ma con un’interpretazione adeguata alla gravità dell’attuale situazione finanziaria. D’altra parte, se è vero che le scelte di bilancio sono decisioni fondamentali di politica economica che, in ragione di tale loro natura sono costituzionalmente riservate alla determinazione del Governo e all’approvazione del Parlamento, è altrettanto vero che esse sono pur sempre scelte «discrezionali» e non «libere nel fine» (il che contrasterebbe con il secondo comma dell’art. 1 della Costituzione). E quindi tali scelte, proprio perché discrezionali, non dovrebbero considerarsi sottratte in linea di principio al sindacato di ragionevolezza e di proporzionalità spettante al giudice delle leggi.
 

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