Il presente contributo propone una sintetica indagine sugli interessi costituzionali ai quali la giurisprudenza, costituzionale, comune e di legittimità, ha ad oggi attribuito il carattere della risarcibilità. Si ritiene, difatti, che una simile indagine possa sollecitare una riflessione circa la effettiva portata e la diretta applicabilità delle norme costituzionali attributive di diritti, dal momento che la risarcibilità della lesione di un interesse costituisce la tutela minima apprestata dall’ordinamento giuridico.
La giurisprudenza costituzionale – già a partire dalle sentenze nn. 247 del 1974 e 88 del 1979 – ha riconosciuto in un primo tempo la diretta applicabilità all’art. 32 Cost., considerandolo attributivo di un vero e proprio diritto soggettivo, che si risolve nella “pretesa che i terzi non possono pregiudicarlo, anche a prescindere da qualsiasi intermediazione legislativa o amministrativa” (P. Caretti, I diritti fondamentali. Libertà e diritti sociali, Torino 2005, 426).
Stante la diretta applicabilità dell’art. 32 Cost., la Corte costituzionale ha quindi avuto modo di collegare al diritto alla salute una serie di diritti soggettivi perfetti, azionabili immediatamente innanzi all’autorità giudiziaria. Da qui la creazione della categoria del danno biologico, distinta dal danno morale, consistente nella “lesione dell’integrità psico-fisica” dell’individuo. Si tratta di una figura di danno che ha peraltro trovato espresso riconoscimento normativo negli artt. 138 e 139 del decreto legislativo n. 209 del 2005 (c.d. Codice della assicurazioni), in cui è definito come “lesione temporanea o permanente all’integrità psicofisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale che esplica una incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, indipendenti da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di reddito”.