Per quanto la democrazia sia un regime politico insostituibile, rimane oltremodo imperfetto, sia per alcuni difetti congeniti, sia per i rischi attuali che soprattutto in questo momento corre. Fra i rischi congeniti, si segnalano: a) il timore della “dittatura della maggioranza”; b) l’opposto paradosso del “governo della minoranza”; c) il respiro temporale corto; d) la corruzione. Ne consegue la necessità di “limiti alla democrazia”, come a tutte le forme di potere con pretese di sovranità. L’unica democrazia realmente praticabile è dunque quella “costituzionale”, la quale però presuppone una forte maturazione politico-culturale e non è immune da difetti. Non a caso, i maggiori rischi attuali che la democrazia corre sono: a) il paternalismo (eccesso di difesa dai suoi nemici); b) il populismo (la manipolazione del consenso); c) la mera apparenza di istituzioni democratiche (per la prevalenza dei poteri forti economico-finanziari, e informativi, internazionali). In questo contesto, sembra inutile il ricorso a mere “scorciatoie” linguistico-concettuali (c.d. democrazia deliberativa). Infatti, probabilmente non serve “più” democrazia (quantità), ma “migliore” democrazia (qualità) e, in particolare, più democrazia locale e regole globali, non certo un improbabile governo mondiale.
Although irreplaceable, democracy remains an imperfect regime, exposed to innate flaws and current threats. Among the former: a) the ‘majority tyranny’ risk; b) the opposite paradox of the ‘government by minority’; c) the short-run view; d) bribery. Hence, the need that all sovereignty-claiming powers, included the democratic one, undergo some ‘limitations’. The only feasible democracy is ‘constitutional’ democracy; nevertheless, it requires a strong political and civic culture and is not exempt from shortcomings. Not by chance, the main current threats to democracy are: a) paternalism (extreme enemy-defensive pattern); b) populism (consensus manipulation); c) pro forma democratic institution (submitted to strong international financial and media powers). In this context, linguistic-conceptual shortcuts (as deliberative democracy) are of little or no use. Indeed, it is not a question of ‘more’ democracy (quantity) but of ‘better’ democracy (quality): in particular, of more local democracy and global rules, instead of an unlikely global polity.