Il saggio muove dalla constatazione della crescita delle democrazie dette illiberali, con riferimento specialmente ai casi che si registrano nell’Europa orientale. Pone successivamente in luce che la democrazia illiberale (o democrazia elettorale) affonda le sue radici nell’aspirazione, di larghe fasce della popolazione, alla disintermediazione, la quale apre la strada alla democrazia c.d. diretta. Considerate le manifestazioni italiane di questa aspirazione, si sofferma sui limiti del modello, ponendone in luce il carattere mistificatorio. Con riferimento agli scenari aperti dalla democrazia digitale, si sofferma sugli enormi rischi di manipolazione del consenso che essa comporta e sui possibili antidoti, tra i quali una posizione fondamentale riveste la cultura.
The essay starts from the observation of the rise of the so-called illiberal democracies, with particular reference to the cases recorded in Eastern Europe. It underlines that illiberal democracy (or electoral democracy) has its roots in the aspiration, of large population groups, to disintermediation, which opens the way towards direct democracy. Considering the Italian manifestations of this aspiration, it focuses on the limits of direct democracy, highlighting its mystifying character. With reference to the scenarios opened up by digital democracy, it focuses on the enormous risks of manipulating the consensus that it entails and on the possible antidotes, among which a fundamental position is held by culture.
