Lo scritto preliminarmente si interroga a riguardo del senso e del verso di una eventuale riforma costituzionale, specie nel presente contesto politico-istituzionale, nonché del modo con cui farvi luogo (se a mezzo di una procedura in deroga al vigente art. 138 cost., così come proposto da un disegno del Governo, e se a mezzo di uno ovvero di più atti di revisione costituzionale). Con specifico riferimento alle modifiche riguardanti il Titolo V, si segnalano i limiti propri di ogni riparto di materie tra Stato e Regioni fondato sulla mera, largamente inespressiva, elencazione delle stesse e si svolgono taluni rilievi critici in merito alla proposta che vorrebbe fortemente circoscritta l’area entro cui si esercita la potestà concorrente, come pure alla proposta favorevole ad una doppia elencazione delle materie di spettanza regionale, alcune oggetto della potestà suddetta ed altre di competenza c.d. “piena” o “residuale”. Si evidenziano quindi alcune gravi carenze della progettazione in corso, che investono la stessa idea di autonomia regionale e la sua sempre più artificiosa articolazione nelle due forme della specialità e della ordinarietà (laddove gioverebbe piuttosto puntare decisamente alla realizzazione di un modello internamente plurale e flessibile, caratterizzato da una specialità diffusa). Si insiste, poi, sulla necessità, non più procrastinabile, di volgersi al recupero dell’autonomia nella sua più genuina e densa accezione, e cioè non quale rivendica di potere bensì quale servizio reso alla comunità governata. Un recupero che deve, innanzi tutto, partire dal livello sovranazionale (al quale va, perciò, condotta la prima e decisiva battaglia per un coinvolgimento sostanziale delle Regioni nella cura del pubblico interesse) per quindi radicarsi presso sedi politico-istituzionali dell’apparato centrale dello Stato (prima su tutte, la seconda Camera, finalmente ristrutturata in “Camera delle Regioni”), oltre che risultare adeguatamente sorretto da nuovi meccanismi processuali di garanzia, specie apportando talune significative innovazioni ai modi di svolgimento dei giudizi di costituzionalità, alcune delle quali peraltro suscettibili di aversi per mano della stessa giurisprudenza (come a riguardo dei vizi denunziabili nei ricorsi regionali).