Il presente contributo si sofferma sulla tutela dei diritti sociali, partendo da una riflessione teorica sulla dogmatica dei cosiddetti diritti di «partecipazione ai beni vitali», quali salute, lavoro e istruzione. La “storicità” dei diritti sociali fa sì che la loro portata muti a seconda degli ordinamenti che li contemplano e, talvolta, alla luce delle diverse congiunture storiche che si susseguono all’interno del medesimo ordinamento. Pertanto, il contributo evidenzia quanto la loro effettività sia condizionata dai mutevoli teloi degli ordinamenti di riferimento, enfatizzando le distonie tra l’ordinamento costituzionale, in cui la tutela dei diritti sociali è funzionale alla realizzazione del principio di eguaglianza sostanziale, e l’ordinamento euro-unitario, in cui la medesima tutela è stata spesso finalizzata al buon funzionamento del mercato e alla libera circolazione dei lavoratori nello spazio economico europeo. L’articolo prosegue nell’esplorare le potenzialità dell’accresciuta dimensione sociale del processo di integrazione europea, trainata sia dal Trattato di Lisbona che dalla conseguente entrata in vigore della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Particolare attenzione sarà dedicata al capo IV di quest’ultima, dedicato alla “Solidarietà”, che, se da un lato codifica un corposo elenco di diritti sociali, dall’altro subordina la tutela di molti di essi ai «casi e alle condizioni previsti dal diritto dell’Unione e dalle legislazioni e prassi nazionali», “declassando” così i diritti aventi natura sociale alla categoria di meri principi a giustiziabilità limitata. Per meglio comprendere la portata di tale “clausola di stile”, si analizzerà la giurisprudenza della Corte di giustizia precipuamente dedicata alla distinzione tra diritti e principi codificata dalla Carta e alla natura “condizionata” dei diritti sociali che da essa deriva, interrogandosi sul possibile valore aggiunto della Carta, a vent’anni dalla sua prima proclamazione.
The article focuses on the protection of social rights, starting from a theoretical reflection on the dogmatics of the so-called rights of "participation in vital goods", such as health, work and education. In light of their "historicity", the scope of social rights might change according to the specific features of the legal orders codifying them, along with the different historical periods in which they are embedded. Against this backdrop, the article highlights the difference between the domestic constitutional system, where the protection of social rights is functional to the implementation of the principle of equality, and the EU legal order, where the very same protection is aimed at the proper functioning of the market and at the free movement of workers in the European economic area. The article then explores the potential of the increased social dimension of the European integration process, driven both by the Lisbon Treaty and by the entry into force of the Charter of Fundamental Rights of the EU. Particular attention will be paid to Chapter IV of the Charter, devoted to "Solidarity", which, on the one hand, codifies an extensive list of social rights, but, on the other, subordinates them to the "cases and conditions provided for by Union law and national laws and practices". In order to better understand the scope of such a “stylistic clause”, which seems to “downgrade” social rights to the less justiciable category of mere principles, the article analyzes the case-law of the Court of Justice mainly dedicated to the distinction between rights and principles codified by the Charter, which seemed to attach a "conditional" nature to social rights. It will then draw some conclusion on the possible added value of the Charter after twenty years from its drafting.