Sommario: 1. Ragioni di una ricerca. 2. Lo scetticismo del primo Romano intorno alla giuridicità della nozione di costituzione. Problemi che ne conseguivano in ordine alla configurazione del potere legislativo e della formazione dello Stato. 3. La necessità come soluzione di ambedue i problemi. 4. L’apparente digressione sulla crisi dello Stato moderno. 5. L’approdo teorico dell’istituzione. 6. L’equivalenza fra costituzione e diritto costituzionale. 7. Il commento di Capograssi. 8. Mortati, Romano e “la possibilità di un diritto ‘in movimento’”. 9. Esposito, Romano e “l’incidenza tra il diritto e il fatto”. 10. Crisafulli, Romano e i “princìpi costituzionali”. 11. I giovani degli anni Trenta e la riscrittura della tradizione. 12. Aria di libertà, alla Sapienza.
1. La costituzione si colloca alla periferia della mappa di concetti disegnata da Santi Romano, tanto più se si consideri il posto riservato a concetti per più versi liminali quali istituzione, ordinamento giuridico, diritto costituzionale. E la collocazione, che potrebbe spiegare la scarsa attenzione sul punto degli studi sul pensiero romaniano, stimola a ricercarne le ragioni, a tornare sulle tracce dei conseguenti problemi, ad apprezzarne le implicazioni.
Per giunta Romano trasmise ai giovani la sua mappa come i maggiori Maestri, la cui forza non consiste nell’impartire dottrine, ma nell’indicare la diversa rilevanza degli oggetti di conoscenza. Ne derivarono assimilazioni parziali, adattamenti, prese di distanza che aumentavano man mano che ci si avvicinava al tema della costituzione. All’epoca, malgrado la crescente inquietudine, non era facile presagire la prossima fine di un mondo; eppure da quelle reazioni nacquero costrutti che avrebbero presto aiutato, al modo dei giuristi, l’avvento di uno nuovo.