1.“Dalla fine all’inizio”: l’attivismo giurisprudenziale ingenerato da un caso singolo, nel quadro di un inadempimento quasi strutturale al “sistema Strasburgo”
Con la sent. n. 113/2011 la Corte costituzionale ha finalmente risposto alla domanda di giustiziabilità di un caso singolo da lungo tempo manifestatasi, ed insieme aperto un’importante breccia su un fronte che sembrava fino a poc’anzi quasi “tabù”, per il nostro Giudice delle Leggi (e più in generale per l’ordinamento interno), quello della revisione del giudicato penale in dipendenza di una pronuncia di condanna della Corte europea dei diritti dell’uomo per avvenuta violazione dell’art. 6 Cedu.
Il caso è molto noto - almeno per gli studiosi delle strette connessioni che si sono ingenerate ormai tra la disciplina italiana del processo penale e le previsioni della suddetta Convenzione, per come interpretate dalla “sua” Corte - e si sintetizza comunemente nel nome di colui (Paolo Dorigo) che era stato prima accusato per l’attentato del 1993 contro la base Nato di Aviano, e successivamente condannato a tredici anni e sei mesi di reclusione per associazione con finalità di terrorismo e altri reati, con sentenza della Corte di Assise di Udine divenuta irrevocabile già nel 1996; questo nell’ambito di un giudizio però ritenuto iniquo nel 1998 dalla vecchia Commissione di Strasburgo, con rapporto finale trasmesso al Comitato dei ministri, che gli ha conferito efficacia obbligatoria ai sensi dell’art. 32 Cedu (nel testo antecedente l’entrata in vigore del Protocollo 11) .