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L’ORDINANZA DEL TRIBUNALE DI ROMA SULLA MANCATA ASSUNZIONE DI ISCRITTI ALLA FIOM NELLO STABILIMENTO DI POMIGLIANO

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1 – Prima di entrare nel merito dell’ordinanza del 21.6.2012 del Tribunale di Roma, conviene ripercorrere brevemente i fatti che ne sono all’origine. Nel marzo 2011 la Fabbrica Pomigliano s.p.a. - società del gruppo FIAT costituita allo scopo di subentrare alla FIAT Group Automobilies s.p.a. nella gestione dello stabilimento di Pomigliano - inizia a dare attuazione al piano di progressiva assunzione del personale già alle dipendenza della FIAT Group (nel frattempo collocato in cassa integrazione), secondo quanto previsto nel cd. Accordo di Pomigliano del 29 dicembre 2010 . Secondo la FIOM, dopo dodici mesi, pur essendo stato ricollocato il 40% dei dipendenti, tra questi non vi è neppure uno dei propri iscritti. L’organizzazione sindacale adisce quindi il Tribunale di Roma in funzione di Giudice del lavoro, sostenendo che la mancata assunzione dei propri iscritti sarebbe il frutto di una deliberata strategia aziendale, originata dalla scelta del sindacato di non firmare né l’Accordo di Pomigliano né l’Accordo di Mirafiori (e cioè i nuovi contratti collettivi aziendali sostitutivi sia della contrattazione di categoria che dei precedenti accordi aziendali). Il che - sempre secondo la FIOM - costituirebbe una violazione della disciplina contro le discriminazioni sul lavoro di cui al D. lgs. n. 216/2003 (attuativo della Direttiva 2000/78/CE), nonché dell’art. 15 dello Statuto dei lavoratori (che vieta anch’esso le discriminazioni a danno dei lavoratori) e degli artt. 3 e 4 Cost. Dal punto di vista processuale, la FIOM agisce sia in base alla delega ad essa rilasciata da alcuni propri iscritti che, in quanto non assunti, si ritengono discriminati in ragione delle proprie convinzioni personali - e dunque ai sensi dell’art. 5, comma 1, D. lgs. n. 216/2003, il quale consente ai soggetti passivi delle discriminazioni di agire in giudizio, anziché personalmente, per il tramite delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale – sia in base al 2° comma del medesimo articolo, il quale invece prevede che, indipendentemente da apposita delega di singoli lavoratori che lamentino discriminazioni, le medesime organizzazioni possano agire in giudizio “nei casi di discriminazione collettiva qualora non siano individuabili in modo diretto e immediato le persone lese dalla discriminazione”.  

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