Il caso sottoposto alla Corte EDU. – 2. La normativa italiana sull’accesso alla procreazione artificiale e sulla diagnosi pre-impianto. – 3. Il contenuto della decisione della Corte EDU. – 4. Alcune considerazioni preliminari sull’efficacia della sentenza. – 5. I dubbi sull’ammissibilità del ricorso: la Corte EDU verso una “super” Corte costituzionale europea ad accesso diretto? – 6. Il margine d’apprezzamento degli Stati e la tecnica di giudizio utilizzata dalla Corte EDU – 7. Il contrasto tra la disciplina della procreazione artificiale e la legge sull’aborto – 8. Sul c.d. diritto ad avere un figlio sano.
1. Il caso sottoposto alla Corte EDU
Ha suscitato grande interesse nell’opinione pubblica la sentenza del 28 agosto 2012 della seconda
sezione della Corte europea dei diritti dell’uomo, nel giudizio proposto contro l’Italia dai signori Costa e Pavan.
Si tratta di una coppia che, in quanto portatrice sana di una malattia genetica, pur non essendo sterile,
desiderava ricorrere alla procreazione artificiale e per l’occasione sottoporre gli embrioni creati in vitro alla
diagnosi pre-impianto, e cioè a un’indagine invasiva sulla salute degli stessi, da attuarsi mediante il prelevamento
di alcune cellule nei primi momenti di vita, al fine di scartare quelli ritenuti “non sani”.
In ragione del divieto di utilizzare tali pratiche sancito dalla legislazione italiana, la Corte EDU ha
condannato l’Italia a pagare ai ricorrenti la somma di quindicimila euro a titolo di risarcimento morale, ravvisando
nella loro vicenda una lesione dell’art. 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti
dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU). Quest’ultimo, come è noto, garantisce il diritto al rispetto della
vita privata e familiare, consentendo di apportarvi restrizioni, previste per legge, nel caso in cui esse siano
necessarie, in una società democratica, “alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico
del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale,
o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui”.