SOMMARIO: 1. La disciplina dell’economia nella Costituzione italiana; 2. L’art. 41 della Costituzione alla prova degli anni e del processo d’integrazione dell’Ue; 2.1 Segue. Nella giurisprudenza della Corte costituzionale; 3. Le proposte di modifica espressa o tacita dell’art. 41; 4. Conclusioni. Il principio della rigidità costituzionale messo a dura prova della crisi.
1 La disciplina dell’economia nella Costituzione italiana
L’esame delle disposizioni costituzionali che regolano i rapporti economici, così come il loro inquadramento nel sistema di garanzie e limiti contenuto nella stessa Costituzione italiana, pongono l’interprete di fronte innanzitutto a un vincolo di carattere metodologico: il ricorso all’interpretazione sistematica. La preminenza di questo strumento trova la sua giustificazione nell’esigenza di inquadrare ogni disposizione costituzionale nella configurazione generale della forma di Stato ; a fortiori, tale approccio sembra necessario per le disposizioni costituzionali dedicate alla disciplina dell’economia che sono chiamate a svolgere quel compito attivo di trasformazione dell’assetto economico-sociale tipico delle costituzioni democratico-sociali e finalizzato all’ampliamento delle opportunità di crescita e di realizzazione dei singoli.
L’adozione dell’interpretazione sistematica mostra come assuma valore centrale, nella Costituzione italiana, la realizzazione di alcuni obiettivi quali l’affermazione dell’uguaglianza sostanziale, della pari dignità sociale e, infine, della garanzia, oltre che della promozione, dei diritti sociali. Tutti questi obiettivi implicano l’applicazione della funzione redistributiva della ricchezza che da una parte prende la forma di benefici erogati dallo Stato , più o meno direttamente, mentre dall’altra provoca l’applicazione di “strumenti che si traducono in sacrifici di altre posizioni individuali: dalla forma classica del prelievo tributario, (…)