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1.Più volte, da quando il Presidente della Repubblica ha deciso di sollevare conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato nei confronti della Procura della Repubblica di Palermo, è stata sottolineata la normalità di questo evento: il Presidente ritiene che la Procura palermitana abbia leso una sua competenza, costituzionalmente garantita, e si rivolge perciò alla Corte costituzionale, sollevando appunto il conflitto, per veder ristabilita la legalità costituzionale. Non solo autorevoli giuristi, come Giuliano Amato e Valerio Onida, ma la stessa Presidenza della Repubblica hanno avvalorato questa lettura del conflitto. Non ci sarebbe dunque nulla di dirompente nel conflitto sollevato dal Presidente ed in particolare nessuna polemica, oltre quella inerente la questione strettamente giuridica implicata dal conflitto, opporrebbe la Procura di Palermo al Capo dello Stato, in particolare nessuna polemica sulle indagini concernenti la c.d. trattativa stato-mafia, svolte da quella Procura. In effetti, più volte Napolitano ha sottolineato l’esigenza che la magistratura possa e debba svolgere le proprie indagini su temi così delicati in modo che sia possibile accertare verità anche dolorose e che tocchino responsabilità di uomini delle istituzioni.In contrapposizione a questa lettura del conflitto che ha inteso moderarne il profilo politico-costituzionale, la maggior parte dei commentatori, per lo più con opinioni orientate a sostegno delle tesi fatte proprie dal Capo dello Stato, hanno invece sostenuto che il conflitto in questione è spia di una devastante, eccezionale e drammatica crisi istituzionale che oppone Presidente della Repubblica e Magistratura ma che coinvolge anche la politica e la stampa. Il conflitto investe, ha sostenuto per esempio Azzariti, “da un lato, il potere dei giudici e l’estensione dei loro strumenti d’indagine, dall’altro le prerogative del presidente della Repubblica. Ciò che viene chiesto al giudice costituzionale è, dunque, di ridisegnare nientemeno che la forma di governo nei suoi rapporti tra l’istituzione giudiziaria e quella presidenziale” (Il Manifesto, 17.7.2012). Zagrebelsky, in un suo articolo su la Repubblica del 17 agosto, ha scritto di una “causa dai caratteri eccezionali, senza precedenti”. Michele Ainis ha sottolineato “tutta la difficoltà del verdetto che spetta alla Consulta. E sarà un verdetto memorabile, una pronunzia storica” (Corriere della sera, 1.9.2012) Non mi sembra utile riassumere gli argomenti di coloro che sono già intervenuti e che sono ben noti. Vorrei invece osservare che l’incalzare degli eventi e dell’azione dei soggetti protagonisti della vicenda sembra sempre più sottrarre argomenti alla prima tesi.