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TUTELA DEI DIRITTI FONDAMENTALI E OPERAZIONI MILITARI ALL’ESTERO: LE SENTENZE AL-SKEINI E AL-JEDDA DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI UMANI

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Sommario: 1. Introduzione. – 2. Al-Skeini e a. c. Regno Unito. – 2.1. I procedimenti interni e le decisioni delle corti inglesi. – 2.2. Il ricorso avanti alla Corte EDU e gli argomenti delle parti. – 2.3. La decisione della Corte. – 2.4. Le opinioni concorrenti: un “imperialismo dei diritti umani”? – 3. Al-Jedda c. Regno Unito. – 3.1. I procedimenti interni e le decisioni delle corti inglesi. – 3.2. La decisione della Corte. – 4. Osservazioni conclusive.

1. Introduzione
L’obbligo gravante sugli Stati europei di rispettare i diritti umani riconosciuti dalla Convenzione europea e dai suoi protocolli addizionali (art. 1 CEDU) vale anche nelle operazioni di peace keeping o peace enforcing, e più in generale nelle missioni militari all’estero? Ovvero la logica della guerra (giusta o meno che sia) necessariamente prevale su tale obbligo, ponendo piuttosto in causa (esclusivamente) le garanzie riconosciute dal diritto internazionale umanitario?
A questa cruciale domanda rispondono in maniera assai netta le due sentenze segnalate in queste brevi note, Al Skeini c. Regno Uniti e Al-Jedda c. Regno Unito , pronunciate entrambe dalla Grande Camera della Corte EDU lo scorso 7 luglio 2011: l’obbligo di rispettare i diritti convenzionali non viene meno nemmeno nel contesto di operazioni belliche compiute all’estero, rispetto alle quali lo Stato non abbia esercitato la facoltà di deroga – nei limiti in cui essa può essere considerata ammissibile – di cui all’art. 15 CEDU.
La conclusione era tutt’altro che pacifica. Operazioni militari e rispetto dei diritti umani sembrano, a prima vista, radicalmente inconciliabili: dopo tutto, la guerra è la condizione che istituzionalmente legittima, addirittura, la lesione del diritto primordiale alla vita, con il quale si apre il catalogo delle carte dei diritti di tutto il mondo. Non stupisce, allora, che due strumenti internazionali cruciali e pressoché coevi come la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 e le Convenzioni di Ginevra del 1949 si ignorino reciprocamente: il regno dei diritti umani sembra essere il tempo di pace, mentre per i tempi oscuri della guerra varrebbero unicamente i precetti del diritto internazionale umanitario, che appresta una tutela necessariamente inferiore ai diritti del ‘nemico’ rispetto a quelli riconosciuti al ‘cittadino’, o comunque all’individuo in tempo di pace.
 

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