Nota a Cassazione, sez. III civile, 6 maggio-9 luglio 2010 n. 16236
1. Il caso
La sentenza in commento prende le mosse da un caso emblematico di giornalismo d’inchiesta in tema di malasanità per una presunta diffamazione a mezzo stampa.
In particolare la vicenda è originata dal ricorso di un laboratorio di analisi cliniche al fine di ottenere il risarcimento del danno a seguito della pubblicazione da parte di alcuni cronisti di una serie di articoli dal contenuto diffamatorio.
I giornalisti, infatti, dopo aver versato alcun litri di tè in contenitori sterili, li avevano portati presso alcuni laboratori di analisi per verificare l’attendibilità clinica dei risultati effettuati.
In tal modo avevano scoperto che un laboratorio convenzionato con il servizio sanitario nazionale non aveva saputo riconoscere che non si trattava di liquido da analizzare ma semplicemente di una sostanza di natura vegetale.
A seguito di tale scoperta i cronisti avevano deciso di pubblicare sul quotidiano locale vari articoli narrando l’accaduto come un (evidente) caso di malasanità.
Il laboratorio in questione, tuttavia, aveva ritenuto diffamatorio il contenuto degli articoli ed aveva promosso ricorso in sede civile per ottenere il risarcimento del danno patito.