Il contributo intende mettere in luce alcuni problemi di legittimità costituzionale e di conformità al diritto dell’Unione che interessano la disciplina della mediazione civile obbligatoria contenuta nel d.lgs. n. 28 del 2010. In particolare, prendendo le mosse dai caratteri intrinseci dei mezzi alternativi di risoluzione delle controversie civili, si evidenzia come nell’ottica del legislatore nazionale la mediazione introdotta in attuazione della Direttiva 2008/52/CE sia concepita in prevalenza come strumento idoneo alla deflazione del contenzioso giudiziario. Dopo la sentenza n. 272 del 2012 con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionali le disposizioni sulla mediazione obbligatoria per eccesso di delega, il legislatore ha reinserito il meccanismo della obbligatorietà con il d.l. n. 69 del 2013 convertito, con modificazioni, in legge n. 98 del 2013, riproponendo nella sostanza l’impianto della previgente disciplina. Nello specifico, infatti, la mediazione obbligatoria è stata nuovamente concepita come onerosa e per essere applicata ad una tipologia davvero ampia di controversie, a differenza delle forme settoriali di conciliazione obbligatoria già esistenti nell’ordinamento. Molti dei dubbi di costituzionalità che erano stati avanzati dalla dottrina, e che non sono stati direttamente affrontati dalla Corte costituzionale, si ripresentano pertanto rispetto alla nuova disciplina. In particolare, nel contributo, vengono evidenziati i profili di incostituzionalità e di incompatibilità con il diritto dell’Unione rispetto ai limiti alla compressione del diritto fondamentale alla tutela giurisdizionale, con riguardo alla onerosità della mediazione obbligatoria e alla ipotizzata violazione del principio di proporzionalità. Sotto quest’ultimo profilo si rinviene la possibilità dell’applicazione del principio attraverso un test abbastanza solido, tenuto conto degli orientamenti della Corte costituzionale, anche sulla base delle affermazioni contenute nella stessa sentenza n. 272 del 2012, e della Corte di giustizia.
The article seeks to highlight issues of constitutional legitimacy and compliance with EU law affecting the regulation of mandatory civil mediation contained in the legislative decree n. 28 of 2010. In particular, given the intrinsic nature of alternative dispute resolution, it is argued that mediation introduced to enforce Directive 2008/52/EC has been conceived by the national legislator mainly as tool to decrease the number of cases litigated before the courts. Following the Constitutional Court’s judgment n. 272 of 2012, which declared the regulations on mandatory mediation unconstitutional for breach of the enabling law, the latter has been reintroduced with the law decree n. 69 of 2013 converted, with amendments, into law n. 98 of 2013, thus reproducing the same substantial structure of the previous regulation. In particular, mandatory mediation has been once again conceived as costly and, by contrast with other pre-existing sector-specific forms of mandatory conciliation, is to be adopted for a very broad range of disputes. Several doubts of constitutional legitimacy thus arise concerning the new regulation, which the above mentioned decision of the Court has not dealt with. Specifically, the article highlights profiles of unconstitutionality and non-compliance with EU law regarding the limits to the contraction of the right to judicial protection, with reference to the costs of mandatory mediation and to the likely breach of the principle of proportionality. From this latter perspective, a robust test of proportionality is considered based on the precedent case law of the Constitutional Court, including some statements of judgment n. 272 of 2012, and that of the European Court of Justice.