Il saggio presenta un’indagine estesa – trasversale a varie branche del diritto – sui limiti e i punti di caduta delle tecniche, tanto giurisprudenziali quanto normative, di attuazione del divieto di distinzioni in base al sesso. L’idea di fondo è quella di mettere in evidenza la non coincidenza concettuale tra “discriminazione” e “disparità di trattamento”, ripercorrendo l’analisi offerta da L.H. Tribe sul prototipo iniziale di judicial review elaborato in materia. Tale discrasia, che, colta negli USA ha portato la Corte Suprema a sviluppare un’apposita tipologia di sindacato delle invidiousclassifications, anche quando gender based, è stata smarrita nel nostro ordinamento, determinando l’assorbimento del relativo controllo di costituzionalità nel comune schema del sindacato di ragionevolezza derivante dall’art. 3 Cost.
Quest’appiattimento concettuale non solo ha condotto ad un controllo di legittimità costituzionale sulle diseguaglianze di genere inizialmente meno votato a valorizzare la portata emancipatoria rispetto all’esistente, ma ha anche occultato nella pratica lo spessore socioculturale della discriminazione, rendendo più lento ed arduo il percorso volto a mettere a punto strumenti e tecniche normative di intervento capaci di incidere sulla dimensione effettuale del fenomeno discriminatorio.
Nella parte finale l’A. considera i rischi che un certo filone “generalizzante” e “neutralizzante” presente nella protezione offerta dal diritto dell’Unione Europea possa impoverire la capacità del principio di adeguare il trattamento giuridico allespecificità della realtà dei due generi.
This essay offers a large inquiry– extended to various legal branches – into the limits and the critical points that affect both the judicial and the normative techniques of implementing the ban on gender-based discrimination. The key idea is to highlight the conceptual non-coincidence between “discrimination” and “differential treatment”: the analysis led by L.H. Tribe about the model of judicial review will offer an enlightened guide-line. In the United States this distinction led the Supreme Court to develop an ad hoc constitutional review of the “invidious classifications”; it on the contrary, lost in Italian system, has driven the Constitutional Court to include constitutional review on gender discriminations in the common scheme of the "rational basis test", drawn from art. 3 It. Const.
This conceptual flattening not only brought to a constitutional review of legislation less capable to enhance the emancipatory scope of the principle from the traditional roles, but at the very beginning it even concealed the socio-cultural complexity of the discriminatory phenomenon. This kind of test also slowed down and hindered the path to elaboration of instruments and interventions capable of affecting the factual dimension of gender discrimination.
In the final Part the A. considers the risks that a certain “generalizing” and “neutralizing” tendency in European Union protection could diminish the capability of the principle to adequate legal treatments to the specific realities of the twogenders.