1.- E’ un momento adatto per riformare la Costituzione? E se sì, per quali riforme?
Che il momento non sia adatto è evidente: la rappresentatività già scarsa di un Parlamento composto da persone non scelte dagli elettori è ora praticamente azzerata dalle ultime elezioni che hanno registrato la lontananza dal corpo sociale di un organo ‘rappresentativo’ dominato ancora da una maggioranza sconfessata dagli elettori, ma determinante ai fini di ogni decisione. Che un organo così composto possa legittimamente cambiare le regole della Costituzione è perlomeno dubbio. Tanto più che dovrebbe farlo in fretta, perché il suo tempo (fortunatamente) è quasi scaduto.
Ma c’è – si ripete - un’emergenza istituzionale che preme e non consente indugi; l’urgenza dunque si impone. Ma rispetto a quali riforme? La risposta è sicura: la crisi è dei partiti e degli uomini ( e si riflette poi sulle istituzioni). E infatti la domanda che sale, talora in forme demagogiche che non ne eliminano la fondatezza, riguarda da un lato l’esigenza di pulizia, trasparenza, regole chiare; dall’altro l’esigenza di ridare voce al popolo sovrano, ormai totalmente emarginato. Considerato il tempo breve della legislatura, la politica dovrebbe dunque concentrarsi sulla riforma della legge elettorale, del finanziamento ai partiti, delle norme anti corruzione. Riforme urgenti davvero, delle quali lo stesso Capo dello Stato ha invocato la sollecita approvazione, e agevoli da introdurre; non toccando la Costituzione si fanno con legge ordinaria.