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“COSTITUZIONALIZZARE” L’ITALIANO: LINGUA UFFICIALE O LINGUA CULTURALE?

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1. Nel momento nel quale vengono celebrati i 150 anni dalla nascita del Regno d’Italia (dal quale, storicamente, la Repubblica Italiana deriva) può risultare opportuna qualche considerazione a proposito della lingua italiana (che –a quanto comunemente si afferma- ha unificato il Paese ) e del rilievo costituzionale che ad essa si vorrebbe (ma non unanimemente, come si dirà) attribuire.
Il principio della previsione –in Costituzione- di una lingua “ufficiale” è stato accolto da molti Stati. Si può dire –anzi- che l’esigenza che esso sia esplicitamente richiamato nella Carta fondamentale è stata sentita ancor più in tempi recenti che in quelli passati (allorché –evidentemente- il fatto che vi fosse una lingua nazionale per ciascuno Stato era dato per scontato -ovvero, al contrario, era considerato ininfluente- senza che si sentisse il bisogno di ufficializzarlo). Del pari, buona parte dei documenti costituzionali dei Paesi, nei quali sono presenti popolazioni alloglotte, dispongono direttamente (ovvero rinviano esplicitamente alla legge) forme di tutela di esse, e –comunque- prevedono il principio di non discriminazione dei cittadini per la lingua da essi parlata.
Anche nell’attuale XVIa Legislatura –come già nelle tre precedenti- sono state presentate proposte di legge tendenti ad inserire, nella nostra Costituzione, una norma che dichiari solennemente che quella italiana è la lingua ufficiale della Repubblica. Una tale precisazione, infatti, non si ritrova -attualmente- nel testo della Carta: come è noto, infatti, non si volle stabilire formalmente l’esistenza di una “lingua di Stato”, dando per scontato che l’italiano fosse –comunque- la lingua stabilmente e comunemente utilizzata nel territorio, e –nel contempo- evitando che l’ufficializzazione di esso potesse assumere un significato nazionalistico. Al contrario, anzi, venne sancito il solenne principio costituzionale del riconoscimento e della tutela delle minoranze alloglotte , già represse dal precedente regime politico, che della “nazionalizzazione generale forzata” della lingua italiana aveva fatto uno dei propri caratteri ideologici e politici peculiari. Tuttavia, che quella italiana sia la lingua nazionale appare evidente, ed è attestato –oltre che dall’uso comune e continuato di essa- dal fatto che in italiano sono scritte le leggi, a cominciare dalla stessa Costituzione della Repubblica (la quale, oltretutto, facendo riferimento a “minoranze linguistiche”, implicitamente prende atto di una esistente “maggioranza” di parlanti italiano, e utilizza oggi direttamente il toponimo bilingue Trentino–Alto Adige/S?dtirol e Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste per due delle Regioni da quelle abitate ).
 

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