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RIMEDI PALLIATIVI ALL’INERZIA DEL LEGISLATORE: I REGISTRI COMUNALI DELLE UNIONI CIVILI

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Sommario. 1. Famiglie e unioni libere: il quadro giuridico e concettuale di riferimento – 2. Le tendenze espresse dagli ordinamenti regionali – 3. La famiglia anagrafica fondata su un vincolo affettivo – 4. La (in)utilità dei registri comunali delle unioni civili

 

1. Famiglie e unioni libere: il quadro giuridico e concettuale di riferimento

La recente inaugurazione (18 settembre 2012) del registro delle unioni civili del comune di Milano, che ha avuto una larga eco mediatica, ha riproposto all’attenzione dell’opinione pubblica un tema che ciclicamente ritorna nel dibattito politico e giuridico: quello della regolamentazione delle unioni non sancite dal matrimonio.
Sebbene la Costituzione italiana, per via del combinato disposto degli artt. 2 e 29, consideri la famiglia «fondata sul matrimonio» una delle «formazioni sociali» in cui l’uomo «svolge la propria personalità» e per questo meritevole di particolare protezione, ciò non significa che la Costituzione impedisca di attribuire rilevanza giuridica a forme diverse di convivenza, contrariamente a quanto larga parte della dottrina ha tradizionalmente ritenuto. Tra l’altro, è la stessa Costituzione che implicitamente ammette l’esistenza di legami familiari che prescindono dal matrimonio, ma che sono piuttosto fondati sul rapporto fra genitori e figli, all’art. 30 comma 1 (doveri e diritti dei genitori nei confronti dei figli, anche nati fuori dal matrimonio), all’art. 34 u. c. (assegni alle famiglie per garantire a tutti il diritto all’istruzione), all’art. 36 comma 1 (diritto del lavoratore a percepire una retribuzione che consenta un’esistenza libera e dignitosa alla famiglia) e all’art. 37 comma 1 (essenziale funzione familiare della donna). Inoltre, l’art. 2 Cost. tutela tutte quelle forme associative che si sviluppano nella realtà sociale in vista della piena realizzazione degli individui attraverso il godimento dei diritti inviolabili, mentre l’art. 3 Cost. – che attribuisce a tutti i cittadini «pari dignità sociale» indipendentemente dal sesso e da altre condizioni personali e sociali e impone alla Repubblica di rimuovere gli ostacoli di ordine sociale che limitano la libertà e l’eguaglianza dei cittadini e impediscono il pieno sviluppo della persona umana  –  può essere letto come un vincolo giuridico affinché le unioni non sancite dal matrimonio non vengano ingiustificatamente discriminate rispetto ai legami coniugali . La famiglia quindi, nella prospettiva costituzionale, non è considerata un fine, ma un mezzo; essa è pertanto meritevole di tutela nei limiti in cui essa effettivamente sia capace di garantire il libero sviluppo della personalità dei suoi membri . Né la famiglia è un ente collettivo dotato personalità giuridica, posto in posizione intermedia fra l’individuo e lo Stato; essa è piuttosto un istituto di diritto privato, rivolto a tutelare esclusivamente gli interessi degli individui che la compongono , tanto più che l’introduzione del divorzio ha posto definitivamente fine alla possibilità di concepire la famiglia come istituzione portatrice di interessi di natura superindividuale, la cui realizzazione giustificherebbe il sacrificio degli interessi dei suoi singoli componenti .
 

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