1.- Premessa.
2.- Al centro del sistema.
3.- Le illusioni, la filosofia e la politica leopardiana.
4.- Le premesse antropologiche del pensiero politico leopardiano.
5.- La dottrina delle forme di governo.
6.- La critica all’universalismo e al cosmopolitismo e la figura del nemico.
7.- La questione specifica dell’Italia.
8.- Un accenno di conclusione.
In una conferenza tenuta a Tolosa il 13 gennaio del 1940, prima pubblicata in francese, poi parzialmente tradotta in italiano e solo di recente resa nella nostra lingua in versione integrale, Silvio Trentin proponeva la figura di Giacomo Leopardi quale esempio da seguire per tutti gli italiani che volevano contrapporsi al fascismo e “ritrovare l’Italia”.
Scelta singolare, a dire il vero, perché - come lo stesso Trentin osservava - quegli era pur sempre rappresentato come “il poeta della disperazione”, eppure scelta lucida e coerente, perché proprio Leopardi, sebbene in una vita carica di mali, era stato capace di insegnare “la necessità perentoria e la bellezza incomparabile della lotta”, senza cedere (come egli stesso scrisse in una nota lettera a De Sinner del 24 maggio 1832) né alle “frivoles espérances d’une prétendue félicité future et inconnue”, né alla “lâche résignation".