L’esigenza di una “riforma organica del settore delle fondazioni lirico-sinfoniche” era stato preannunciata dal Ministro Bondi in un’audizione svoltasi presso la VII Commissione del Senato il 13 gennaio 2010 (Atti Senato, XVI legislatura, seduta della VII Commissione del 13 gennaio 2010, resoconto sommario n. 159).
In quell’occasione, il Ministro replicava impegnandosi “a tornare sollecitamente in Commissione per verificare la reale possibilità di intraprendere un percorso legislativo condiviso che, in un clima di leale collaborazione fra maggioranza e opposizione, escluda il ricorso ad uno strumento più rapido quale il decreto-legge”. Nel merito, negava “l’intenzione di voler intervenire sulla natura delle fondazioni e di voler abolire i contratti integrativi” (Atti Senato, XVI legislatura, seduta della VII Commissione, 13 gennaio 2010, resoconto sommario n. 159).
L’audizione trovava completamento in una successiva seduta della VII Commissione (Atti Senato, XVI legislatura, seduta della VII Commissione, 3 febbraio 2010, resoconto stenografico n. 36), in cui il Ministro per i Beni e le Attività culturali illustrava “le linee generali” della riforma che si apprestava a presentare al Consiglio dei Ministri e, incalzato dagli interventi che lo interrogavano sulla natura giuridica del provvedimento (senatore Giambrone dell’IdV; senatore Vita e senatore Marcucci: Atti Senato, XVI legislatura, seduta della VII Commissione, 3 febbraio 2010, resoconto stenografico n. 36), rispondeva in questi termini “quanto alla forma del provvedimento, come sanno i colleghi della maggioranza, ma anche dell’opposizione, ho esperito la possibilità di un disegno di legge, ma temo che sarebbe difficile rispondere ad alcune necessità se adottassimo questo genere di provvedimento; a questo punto, ritengo preferibile presentare un decreto-legge, il che non significa chiudere al dibattito ed al confronto parlamentare, ne´ tale scelta implica l’impossibilita` per il Parlamento e le Commissioni parlamentari di intervenire per correggere, modificare ed emendare il testo che presenterò al Consiglio dei Ministri” (Atti Senato, XVI legislatura, seduta della VII Commissione, 3 febbraio 2010, resoconto stenografico n. 36).
In data 16 aprile 2010, il Consiglio dei Ministri approvava il decreto-legge recante “Disposizioni urgenti in materia di spettacolo e attività culturali”, presentato come un intervento “per la riforma degli assetti fondamentali del settore dello spettacolo in particolare lirico-sinfonico, al fine di razionalizzare le spese e di implementare, oltre alla produttività del settore, i livelli di qualità delle produzioni offerte, tenendo conto delle più recenti istanze formulate anche dall’Associazione nazionale delle Fondazioni lirico–sinfoniche. La necessità e l’urgenza di tale riforma è resa non più procrastinabile dalla difficile situazione in cui versano molte delle quattordici fondazioni liriche del nostro Paese (il Comunale di Bologna, il Maggio Musicale Fiorentino, il Carlo Felice di Genova, la Scala di Milano, il San Carlo di Napoli, il Massimo di Palermo, l’Opera di Roma, il Regio di Torino, il Verdi di Trieste, la Fenice di Venezia, l’Arena di Verona, l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia di Roma, il Lirico di Cagliari ed il Petruzzelli di Bari), dovuta alle consistenti spese di funzionalità ed in particolare alle spese per il personale (circa 5.500 unità), che assorbono il 70% del finanziamento pubblico.
Il decreto-legge, inoltre e tra l’altro, fissa l’età pensionabile di ballerini e tersicorei a quarantacinque anni di età, in linea con gli altri Paesi europei” (Comunicato stampa n. 89 del 16 aprile 2010, in www.governo.it). Il Ministro per i Beni e le Attività culturali si dichiarava soddisfatto in quanto il decreto legge rappresenta il “primo passo di un percorso che porterà a una gestione più efficiente ed efficace” della fondazioni lirico sinfoniche “razionalizzandone le spese e favorendo, oltre alla produttività del settore, la crescita qualitativa delle produzioni” (www.giornaledellospettacolo.it).
Immediate le repliche del mondo politico e sindacale. I parlamentari del PD, Vincenzo Vita, Andrea Marcucci, Emilia De Biasi, Matteo Orfini, nel bocciare il decreto sia “per la forma che per il contenuto”, aggiungevano che con il decreto “si stravolge la contrattazione decentrata, si blocca il turnover, si sposta età pensionabile, si decurtano i già miseri finanziamenti di un già misero residuale fondo dello spettacolo” (www.giornaledellospettacolo.it). Il coordinatore nazionale cultura della Cgil, Silvano Conti, dichiarava: “più lo leggiamo questo decreto e più vediamo che si tratta di un provvedimento parziale che non ha un profilo riformatore ed è solo un accanimento rispetto all’elemento lavoro” (www.lavoratoriscla.splinder.com). Riuniti a Milano il 19 aprile 2010, i rappresentanti di Cgil, Cisl, Uil e Fials, definivano il decreto un “provvedimento improprio e discutibile sul piano della legittimità” e si dichiaravano pronti allo sciopero ad oltranza (www.giornaledellospettacolo.it). Il Ministro Bondi, a fronte delle agitazioni del mondo sindacale, replicava impegnandosi a ricevere i sindacati nazionali dello spettacolo subito dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto legge(www.giornaledellospettacolo.it).
Nel tardo pomeriggio di venerdì 23 aprile 2010, il decreto veniva trasmesso, per l’emanazione, agli uffici della Presidenza della Repubblica. La sera di sabato 24 aprile 2010, il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in visita al teatro alla Scala di Milano, a fronte delle sollecitazioni dei lavoratori che gli chiedevano di non firmare il decreto legge, rispondeva: “non esiste che il Capo dello Stato emana una legge o che la firma se e quando gli pare e piace … Se volete che io sia garante della Costituzione non potete chiedermi di violarla. … Io compio su ogni legge un attento esame prima di esprimermi, e questo è l’ordinamento costituzionale che sono tenuto a rispettare. Ma non sono corresponsabile di atti legislativi che sono di competenza esclusiva del governo” (www.giornaledellospettacolo.it). Proteste contro il decreto si registravano anche al Comunale di Bologna ed al Maggio di Firenze (CHERCHI A., Napolitano non firma il decreto sulla lirica, in www.ilsole24ore.com, 29 aprile 2010; BANDETTINI A., Napolitano non firma il decreto legge sulle fondazioni liriche, in La Repubblica, 29 aprile 2010, pag. 43).
Gli osservatori politici registravano come “lo sbarramento contro il decreto di riforma … risulti, alla fine, forte e compatto, associando alla posizione dei sindacati quella di molte associazioni dello Spettacolo. Nonché, a ben guardare, l’interesse della cosiddetta “gente comune”” (SALA R., Lirica è Italia, in Il Messaggero, 30 aprile 2010, pag. 23).
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