Ripercorrendo le tappe che hanno portato all’introduzione in Costituzione del divieto di discriminazione in base alla lingua ( art. 3, c.1, Cost ) e del principio di tutela delle minoranze linguistiche ( art. 6, Cost. ), nonché gli sviluppi successivi delle richiamate disposizioni costituzionali, emerge un dato significativo. A fronte di una piena consapevolezza dei costituenti dell’importanza del ruolo della lingua non solo come fattore di potenziali discriminazioni, ma anche come fondamentale elemento identitario di una comunità e insieme come elemento di integrazione politica e sociale, e dunque da tutela con apposite norme anche nei confronti dei gruppi minoritari, si registra negli anni successivi un sostanziale disinteresse del legislatore nazionale per questi temi. Solo nel 1999, con l’approvazione della legge n.482, si è varata una legislazione Di attuazione di quanto disposto dall’art. 6, ma limitatamente alle c.d. “minoranze storiche”. Una legge nata vecchia e che ignora del tutto i problemi, diversi, posti dalle “nuove” minoranze legate ai flussi migratori. D’altro canto, la stessa lingua italiana mentre rischia di diventare lingua minoritaria nel contesto dell’Unione europea, dove stenta a decollare in termini effettivi il principio del multilinguismo paritario, può trasformarsi in elemento di discriminazione nei confronti delle comunità dei migranti. Tutto ciò sembra militare a favore di una vera e seria politica linguistica da parte del nostro Paese, in grado di cogliere la complessità del tema da affrontare. Una politica linguistica che, forse, potrebbe trovare un in centivo nell’introduzione in Costituzione di un principio, dato per presupposto, in base al quale si affermi che l’Italiano è la lingua ufficiale della Repubblica.
By retracing the steps that resulted in the introduction of a provision forbidding discrimination based on language (article 3.1 of the Italian Constitution) and of the principle of protection of linguistic minorities (article 6 of the Italian Constitution), together with their subsequent modifications, an interesting fact comes to light. Even though the “founding fathers” of the Italian Constitution were fully aware of the significance of language as a basis for discrimination, not to mention as a linchpin of a community’s identity and a means for political and social integration, which is why they made sure to introduce provisions seeking to protect specific linguistic minorities, in the following years the issue was afforded little consideration. Finally, in 1999 a law meant to implement article 6 came into force (L. n. 482/1999), but it was aimed exclusively at historical linguistic minorities, whereas it ignored new migration flows. While Italian runs the risk of becoming a minority language within the European Union, given that the official languages of Member States are equivalent only in theory, it could also become a discriminating factor against immigrant minorities. Therefore, it is necessary for Italy to engage in a comprehensive linguistic policy, suited to the complex implications of the issue at hand. The achievement of such a task might be spurred by the introduction of a provision naming Italian as the official language of the Republic in the Constitution.