Lo studio si occupa di una questione che, assai trascurata dal nostro diritto positivo, è stata invece al centro di una certa attenzione sia della letteratura giuridica che della giurisprudenza. Si tratta del problema del senso e del valore da attribuire al titolo della legge, risolto per lo più escludendo la sua appartenenza al testo dell’atto e negando, per conseguenza, la possibilità di riconoscere ad esso qualità normativa, per ammetterne semmai una certa qual valenza sul piano ermeneutico.
Mai tuttavia sino ad ora il tema era stato affrontato con riferimento a quella particolare categoria di leggi formali costituita dalle leggi costituzionali, anzi più specificamente di revisione costituzionale
La scelta del nuovo orizzonte prospettico in cui si muove lo scritto è stata in qualche modo sollecitata dal disegno di legge di revisione della intera seconda parte della Costituzione attualmente in discussione, il quale reca un titolo generale inusitatamente articolato.
Nell’interrogarsi sulle ragioni di questa opzione abbastanza inconsueta nella nostra tradizione – che si è fondamentalmente orientata in favore del c.d. titolo “muto”, sostanziato dal solo richiamo in termini formali dell’oggetto della legge – l’A. mostra, in particolare, come la specifica vocazione funzionale delle leggi di revisione finisca per far perdere di significato ai termini tipici della querelle sul titolo delle leggi, senza tuttavia spingere necessariamente verso l’affermazione della giuridica irrilevanza del titolo.
Questa, infatti, può essere rintracciata nel ruolo che il titolo delle leggi di revisione costituzionale può giocare nell’eventuale referendum confermativo previsto dall’art. 138 Cost., stante la prassi di ricorrere per il quesito referendario alla formula prevista dall’art. 16 della legge n. 352 del 1970 per le leggi costituzionali (e non di revisione), secondo la quale a finire sulla scheda è proprio il titolo della legge approvata che finisce così per svolgere l’influente ruolo di indicatore sintetico del themadecidendum della consultazione popolare.
This study deals with a question that has been substantially ignored in our positive law, though it has received more attention in juridical literature and in jurisprudence. It is the problem of the meaning and value to attribute to the title of a law, which is usually solved by ruling that it does not belong to the text of the act and therefore denying it could have any normative function, allowing it, if anything, only a certain value on the hermeneutical level.
Until now the question had never been considered with reference to that particular category of formal laws constituted by constitutional laws, or, more specifically, laws of constitutional revision.
This new perspective for this article was to some extent solicited by the Bill currently under discussion that revises the whole second part of the Constitution, which has a general title that is unusually elaborate.
In considering the reasons for this rather uncustomary option in our tradition – which tends essentially to the so-called “dumb” title, which simply refers in formal terms to the object of the law – the article shows, in particular, how the specific functional vocation of laws of revision means that typical terms in the querelle on the title of laws lose much of their point, but it does not necessarily follow that the title is legally irrelevant.
We can see this in the role that the title of laws of constitutional revision can play in any confirmatory referendum, as envisaged in art. 138 of the Constitution. It has been standard practice to follow the formula set out in art. 16 of law no. 352 of 1970, as it referred only to constitutional laws, and not laws of revision. This procedure entails that what is actually written on the ballot is the title of the law approved, which thus ends up playing the influential role of indicating in summary form the themadecidendum of the referendum.