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Il diritto “consentito” al matrimonio ed il diritto “garantito” alla vita familiare per le coppie omosessuali in una pronuncia in cui la Corte dice “troppo” e “troppo poco"

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1. La Corte costituzionale era chiamata ad esaminare la conformita? ad una serie di parametri costituzionali della normativa che escluderebbe la possibilita? per le coppie omosessuali di unirsi in matrimonio, con la possibilita? quindi, invero da pochi ritenuta reale, di introdurre nel nostro paese, attraverso una propria sentenza, il matrimonio tra persone dello stesso sesso.La questione poneva quindi, quasi paradossalmente (1), la Corte nella condizione di collocare l’Italia tra i paesi piu? avanzati nella tutela delle coppie omosessuali, passando, per saltum, da una situazione di pressoche? totale assenza di tutela e di garanzie (2), a quella massima (estensione del matrimonio) riconosciuta di recente solo in alcuni paesi a seguito di specifico intervento del legislatore e dopo aver sperimentato forme piu? “leggere” di disciplina.L’oggetto dell’eccezione di costituzionalita? era rappresentato da una serie di disposizioni del codice civile, dalle quali i giudici a quibus desumevano l’esclusione della possibilita? di unirsi in matrimonio per le coppie del medesimo sesso, secondo un’interpretazione seguita a livello giurisprudenziale e amministrativo, che aveva portato i pubblici funzionari a rifiutare in questi casi la richiesta di pubblicazioni matrimoniali.In realta? la necessaria differenza di sesso dei nubendi, della cui costituzionalita? i giudici dubitavano, veniva derivata piu? che da specifiche e puntuali previsioni normative, da quella che viene definita “una consolidata ed ultramillenaria nozione di matrimonio”, tanto che correttamente, escludendo che nella specie ricorresse un caso di “vuoto di diritto” (3), si e? parlato di impugnazione di una “norma priva di disposizione” (4) o di un diritto vivente.Il giudice costituzionale ha concluso per la inammissibilita?, riguardo a due dei quattro parametri invocati (art. 2 e 117, 1° comma, Cost.) e per la infondatezza con riferimento agli altri due (art. 3 e 29 Cost.). La pronuncia di inammissibilita?, con cui la Corte apre e chiude la motivazione, e? giustificata in un caso (art. 2) in quanto i giudici rimettenti avrebbero richiesto una pronuncia additiva non a rime obbligate e pertanto esorbitante i poteri costituzionalmente ad essa attribuiti e nell’altro (art. 117, 1° comma), in quanto la questione veniva comunque a comportare scelte da ritenere proprie ed esclusive del potere legislativo.

Nonostante il carattere processuale del dispositivo, la decisione contiene affermazioni assai importanti sul tema oggetto della questione e da ritenere, a mio avviso, assolutamente non pacifiche e scontate. La Corte afferma infatti che l’unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso, deve essere ricompresa fra le formazioni sociali di cui all’art. 2 Cost., “cui spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone, nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge, il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri”.Se e? vero che gia? da tempo alcuni erano giunti alla stessa conclusione (5), non e? da dimenticare la posizione assai diffusa di quanti, al contrario, si sono espressi per una dimensione meramente soggettiva ed individuale, negando qualsiasi possibile riconoscimento alla coppia come tale (6) e non e? affatto da sottovalutare quindi la possibilita? che gli operatori giuridici, ed in special modo i giudici, possano, a vario titolo ed effetti, richiamarsi a quelle affermazioni e farne diretta applicazione.Le specifiche forme di riconoscimento delle coppie omosessuali non possono che spettare, ad avviso della Corte, al legislatore e non possono ridursi alla sola equiparazione a quanto previsto per le coppie eterosessuali con riguardo al matrimonio. Sulla base di tale affermazione sembrerebbe che la Corte rimetta la materia alle scelte discrezionali del legislatore, senza escludere alcuna possibilita? (il matrimonio parrebbe infatti apertamente non escluso, allorche? se ne parla come di una ipotesi non esclusiva, ma per questo possibile).Questa conclusione viene invece poi smentita, prima in maniera implicita poi esplicitamente. Nel primo senso allorche? la Corte, nel dichiarare la propria competenza a verificare la ragionevolezza di un trattamento differenziato, contrappone alla “coppia omosessuale” non quella eterosessuale, bensi? la “coppia coniugata”, ad indicare come la prima non possa accedere al matrimonio. Tale conclusione risulta poi del tutta esplicita nella motivazione della infondatezza della questione con riferimento all’art. 29 Cost., del quale la Corte fornisce un’interpretazione fondata essenzialmente sulla volonta? storica dei Costituenti. Dopo aver infatti rilevato come le nozioni di famiglia e di matrimonio non possono ritenersi “cristallizzate” con riguardo al momento in cui la Costituzione entro? in vigore, dovendosi tener conto dell’evoluzione della societa? e dei costumi, la Corte sostiene che l’interpretazione “non puo? spingersi fino al punto d’incidere sul nucleo della norma, modificandola in modo tale da includere in essa fenomeni e problematiche non considerati in alcun modo quando fu emanata” e che la condizione delle unioni omosessuali rimase estranea al dibattito svoltosi all’Assemblea costituente, nonostante che la stessa “non fosse certo sconosciuta”. Da cio? se ne deriva che la nozione di matrimonio accolta debba ritenersi quella allora disciplinata dal codice civile, che trovava e trova il suo nucleo essenziale nella differenza di sesso dei coniugi, concludendo che “questo significato del precetto costituzionale non puo? essere superato per via ermeneutica, perche? non si tratterebbe di una semplice rilettura del sistema o di abbandonare una mera prassi interpretativa, bensi? di procedere ad un’interpretazione creativa” (7). 

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