1. L’Italia di oggi: uno stato e una società con due partiti incostituzionali. – 2. La crisi del 2011: un governo di scelta presidenziale. – 3. Un’elezione parlamentare condizionata dalla presenza di un candidato ineleggibile. – 4. Il rifiuto di un governo di minoranza espresso dalle nuove elezioni. – 5. Una coalizione di creazione presidenziale.
1. L’Italia di oggi: uno stato e una società con due partiti incostituzionali
Vi sono buoni motivi perché non ci si limiti all’esame costituzionalistico classico degli eventi costituzionali più rilevanti e perché nell’analisi si uniscano profili tipici della storia costituzionale. La storia costituzionale ha di peculiare rispetto alla prospettiva tipologica del diritto costituzionale classico tre caratteristiche, che non contraddicono ma alimentano lo studio costituzionalistico. Primo, essa guarda ai fatti costituzionali dinamicamente, nei loro sviluppi e nei loro effetti nel tempo, e non isolando il singolo momento dal corso complessivo in cui è inserito. Secondo, ciò facendo consente di cogliere più largamente i nessi del singolo evento col quadro integrale dello stato e della società considerati, che conferiscono a ciascun fatto un segno parzialmente diverso da quello che risulterebbe da un’analisi unicamente puntuale. Terzo, per ciò stesso consente di guardare in maniera più penetrante (non si dice che il diritto costituzionale classico non lo faccia) ai presupposti socioeconomici sottostanti e talora nascosti dietro i vari eventi.
Applicato agli eventi intercorsi fra l’estate-autunno 2011 e la primavera 2013, questo approccio suggerisce considerazioni particolari. Chi scrive ha studiato la storia costituzionale degli apparati organizzativi e della democrazia in Italia fino all’ottobre 2011, data del convegno torinese dell’Associazione dei costituzionalisti (i risultati di quegli studi sono stati pubblicati in tre differenti tappe su questa Rivista). Val la pena di analizzare brevemente qui, con lo stesso metodo, il seguito di questa storia.
In quegli studi si è osservato che anche dopo l’insorgenza fin dagli anni ottanta, nella lettera e nei fatti, di un pervicace revisionismo costituzionale, la costituzione italiana è rimasta ben viva al di là di violazioni e distorsioni non lievi e di attacchi a fondo condotti contro il suo valore e la sua permanenza, ed è stata difesa dal complesso dei suoi soggetti, non limitati agli organi di garanzia ma inclusi gli attori sociali di base. malgrado certe debolezze di quel “credo repubblicano” sul quale si sostiene una costituzione vitale. Nell’ultima tappa – in particolare nella situazione evolutasi dopo il 1989 e più decisamente dal 1994 – la sua integrità è stata incrinata dalla presenza egemone nello spazio politico e dalla ripetuta responsabilità di governo da parte di un “partito personale” che, contro la concezione contenuta nel fondamentale art. 49 della costituzione, deforma l’intera azione politica e istituzionale non solo a causa della guida “proprietaria” di esso da parte del suo fondatore e capo, ma ancor più perché agisce essenzialmente in nome dell’interesse privato, patrimoniale e di difesa penale di lui, anziché come interprete di una concezione purchessia della “politica nazionale”; e insieme di un “partito territorialista”, che rifiuta l’unità giuridica, economica e territoriale costitutiva della repubblica.