1.Il tema che mi è stato assegnato è di tipo “trasversale”, non riguardando un settore specifico nell’ambito della ricchissima gamma di contributi scientifici offerti da Umberto Pototschnig nei suoi scritti. In un certo senso il titolo è anche un po’ riduttivo, perché parlare della “Costituzione nella riflessione di Umberto Pototschnig” potrebbe lasciar fuori alcuni aspetti di quello che chiamerei il Pototschnig costituzionalista, che sono almeno tre. C’è l’interprete della Costituzione – ne parlerò più avanti - ma anche, vorrei dire, l’operatore costituzionale. Almeno in due vesti: come avvocato, partecipe di molti giudizi su controversie costituzionali davanti alla Corte costituzionale; e come partecipe dell’elaborazione, spesso come promotore dell’elaborazione, di testi legislativi intesi a dare attuazione alla Costituzione. La Costituzione, dunque, nell’opera giuridica di Umberto Pototschnig, ritorna a più titoli.
Non abbiamo qui il tempo né la possibilità di esaminare analiticamente tutti questi aspetti. Ma vorrei dire anzitutto qualche parola proprio sugli ultimi due aspetti che ho richiamato. Anzitutto Pototschnig avvocato costituzionalista. Dirò soltanto che la sua attività in questo campo si è svolta essenzialmente in ordine a controversie nei rapporti tra Stato e Regioni, che sono un capitolo, come è ben noto, significativo della giurisprudenza costituzionale; e che la sua partecipazione a questi giudizi, vista in chiave storica (sono stati circa vent’anni di giudizi nei quali vi è stata la sua presenza come avvocato) ha dato contributi rilevantissimi allo sviluppo della giurisprudenza costituzionale.
Fra i quarantotto giudizi costituzionali cui egli ha partecipato, come difensore in genere della Regione Lombardia, della Regione Trentino-Alto Adige, delle Province di Trento e Bolzano, talvolta di altre parti – dal 1976 al 1993 – compaiono giudizi conclusi con alcune sentenze che hanno costituito o e costituiscono tuttora delle pietre miliari nello sviluppo della giurisprudenza costituzionale in materia regionale. Basti ricordare la sentenza n. 7 del 1982 in materia di cave, nella quale la Corte ha affermato che la Regione poteva adottare una legislazione ispirata al principio della necessaria autorizzazione per l’attività di cava, ancorchè nella legislazione statale non vi fosse questa regola, e ciò in base a una certa ricostruzione del significato dei principi fondamentali della legislazione statale di cui all’articolo 117 della Costituzione. O la sentenza n. 150 del 1982, nella quale la Corte costituzionale affermò l’esigenza del rispetto del principio di legalità sostanziale per l’esercizio delle funzione di indirizzo e coordinamento nei confronti delle Regioni: una sentenza per certi versi storica, perché da lì’ sono partiti tutta una serie di sviluppi giurisprudenziali. Ancora, la sentenza n. 225 del 1983, in cui si affermò la possibilità che le Regioni, ancor prima che il legislatore statale intervenisse con la legge n. 319 del 1976, disciplinassero la materia dell’inquinamento idrico, e ciò in base a una interpretazione estensiva delle materie di competenza regionale; o la sentenza n. 21 del 1991, sulla necessaria intesa fra Stato e le Province autonome di Trento e Bolzano per la localizzazione degli impianti radiotelevisivi.