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Il ruolo delle Regioni e degli Enti Locali all'interno dell'organizzazione del sistema scolastico nazionale: il caso degli Organi Collegiali Territoriali

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1. L’occasione per questa breve riflessione nasce dalla lettura del D.L. 29 dicembre 2010, n. 225, convertito con modificazioni dalla Legge 26 febbraio 2011, n. 10 (c.d. “Decreto Milleproroghe”) che ha prorogato il Consiglio nazionale della pubblica istruzione, nella composizione esistente, sino al 31 marzo 2011. Una proroga, questa, che segue quella già prevista dall’art. 7, comma 4 quater, D.L. 30 dicembre 2009, n. 194, convertito dalla Legge 26 febbraio 2010, n. 25 e che conferma l’ipoteca posta dal legislatore sulla riforma degli organi collegiali territoriali della scuola, essenziale per l’attuazione della novella costituzionale e degli stessi principi di decentramento che ne rappresentano, per certi versi, l’antecedente storico e teorico.

2. Prima di approfondire l’indagine sulla disciplina degli organi collegiali territoriali del sistema scolastico nazionale, siano consentiti alcuni rapidi, e certamente non esaustivi, richiami al quadro normativo di riferimento.
I DD.LLgs. n. 300 del 1999 e n. 233 del 1999, hanno, rispettivamente, ridefinito le competenze degli organi dell’amministrazione statale (ivi compresa l’organizzazione periferica del Ministero), e previsto nuovi strumenti di raccordo che determinassero una maggiore collaborazione e concertazione alla luce della riallocazione delle competenze delle Regioni, degli Enti Locali e delle istituzioni scolastiche definite dalla Legge n. 59 del 1997. Ciò in virtù del disposto degli artt. 12 e 13 di quest’ultimo provvedimento che, ancor prima della modifica costituzionale, hanno previsto la riorganizzazione e la razionalizzazione degli organi centrali dell’Amministrazione, nonché degli organi periferici e, con riferimento specifico alla materia dell’istruzione, sulla base dell’art. 21 che ha sancito, al comma 15, la riforma, attraverso un apposito atto regolamentare, degli organi collegiali della pubblica istruzione di livello nazionale e periferico “che tenga conto della specificità del settore scolastico, valorizzando l'autonomo apporto delle diverse componenti e delle minoranze linguistiche riconosciute, nonché delle specifiche professionalità e competenze”.
 

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